l'uomo in uniforme verde, la donna in pigiama e vestaglia bianchi a motivi blu. seduti sui gradini di una scala
esterna, a fumare. è l’una di notte. l’uomo in verde fuma perché aiuta a
restare sveglio quando ha la lunga, anche se dopo tanti anni, dice, è abituato,
non fa nessuna fatica. la donna invece fuma perché non ci riesce, a dormire.
perché quando ti viene diagnosticata una malattia neurodegenerativa, per quanto
di giorno il tuo umore tenga benissimo, di notte all’improvviso si creano delle
crepe. sono molto sottili, ma grandi abbastanza perché una parola
bidimensionale come sclerosi ci scivoli dentro.
in questa fase la donna non la
usa ancora. finché non usi le parole non impari a controllarle. per qualche
giorno, anche dopo che sarà stata dimessa, continuerà a non usarla. la sua
malattia ha molti nomi; non è una forma particolarmente nota, non è quella che
fa paura a tutti e che tutti conoscono, non è nemmeno quell’altra, che fa
ancora più paura. può usare altri termini e nessuno capirà di cosa si sta
parlando. le ci vorrà almeno una settimana per iniziare a dirlo. le ci vorrà
ancora più tempo per iniziare a scriverlo.
ma in questo momento, seduta sui
gradini a fumare con un infermiere, non ha necessità di usare parole che ancora
non ha assorbito. gli infermieri tanto lo sanno. gli infermieri sanno tutto. il
reparto è loro. il medico ti cura, l’infermiere si prende cura di te. in un
reparto come neurologia, non è davvero un dettaglio. qui ci sono persone che
non riescono a parlare e muoversi, anziani che non sono autosufficienti, adulti
che devono fronteggiare roba strana. e pesante.
e poi ci sono donne che
ciondolano in vestaglia bianca a motivi blu e, non sapendo bene come impiegare
il tempo tra una risonanza e un’elettroneurografia, cazzeggiano. che è sempre
una nobile attività. può succedere di essere l’unica in quella fascia d’età in
tutto il reparto. l’unica che riesce o che vuole camminare per chilometri. l’unica che fuma.
l’unica che ci tiene ad arrivare al bar da sola, la mattina, anche se per fare
trecento metri in questa fase le ci vogliono venti minuti. all’andata.
altrettanti al ritorno.
gli infermieri qui devono essere
in grado di rifare un letto e di assistere un neurologo durante una
rachicentesi. devono essere capaci di aiutare una signora totalmente
paralizzata e di far ridere una tipetta in vestaglia, che la mattina, appena
sveglia, ha i muscoli talmente irrigiditi che ai primi passi che fa in
corridoio viene salutata da un infermiere con un allegro, ciao, zombie. e lei
scoppia a ridere perché, si rende conto, è vero, appena sveglia cammina proprio
in quel modo.
gli infermieri non sono matti, ne
sanno molto più dei medici sui pazienti. sanno con chi possono farlo e con chi
no, sanno a chi questa cosa farà bene. a lei fa bene. anche dopo che sarà stata
dimessa, le mattine particolarmente dure, quando alzarsi e iniziare a muoversi
sarà un disastro, le verrà in mente una figura in verde che le dice, ciao,
zombie, e ricomincerà a ridere.
la gente non lo sa, dice l’uomo
in verde. le ha appena detto che il loro non viene considerato un mestiere
usurante. lei lo ha guardato sconcertata. lo vede tutti i giorni, il culo che
si fanno, dal lavare e cambiare i pazienti al fare i prelievi all’assistere i
medici al far seguire le terapie all’accorrere appena premi il pulsante rosso,
per qualsiasi motivo, a, semplicemente, tutto. compreso far ridere le persone
di prima mattina. compreso far loro compagnia all’una di notte. ma la gente non
lo sa, dice l’uomo in verde. la maggior parte pensa che gli infermieri non
fanno niente. sai quando se ne rendono conto? quando, purtroppo per loro,
stanno male e devono essere ricoverati. allora iniziano a capire. ma, scuote la
testa, finché non ci sbatti il muso, e non completa la frase.
la donna lo guarda in silenzio.
tra circa cinque ore verrà svegliata, ammesso che nel frattempo sia riuscita ad
addormentarsi, da un infermiere che le farà un prelievo. poi un infermiere le
dirà se e quali esami ha in giornata, se potrà o no fare colazione. se dovrà
fare un esame pesante, l’infermiere controllerà per tutto il giorno come sta,
se sta avendo problemi col mezzo di contrasto, se è il caso che provi a
mangiare dopo la gastroscopia, le spiegherà come comportarsi per limitare i
postumi da rachicentesi. nel frattempo le rifarà il letto. le porterà l’acqua,
e una cannuccia, se non riesce a muoversi. le farà l’iniezione e le farà
prendere la prima compressa e le farà prendere la seconda compressa. sarà lì
anche se semplicemente a un certo punto le scenderà giù una lacrima.
finché non ci sbatti il muso.
2 commenti:
più che zombie ti vedo più con un'andatura alla mostro di Frankenstein, ma l'infermiere la sa sicuramente più lunga di me.
(sugli infermieri hai ragionissima)
Avrei tante cose da chiedere, ma invece aspetto di leggere tutto quello che avrai da scrivere. Intanto però grazie. Leggerlo non equivale a sbatterci il muso, però quantomeno un piccolo indolenzimento lo provoca, e te ne sono grato.
mi ci vedo un sacco a ballare con gene wilder puttin' on the ritz. ho anche il bastone adatto. però canto meglio.
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