martedì 18 dicembre 2012
sabato 8 dicembre 2012
sabato 17 novembre 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 18
un avvincente sabato pomeriggio passato a precondizionare padelle saltapasta.
sabato 10 novembre 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 17
si affronta l'ultima inutile lite.
nel corso dell'ultima inutile lite, non ci si rende conto che è l'ultima, ma ci si rende conto che è inutile. è il rendersi conto che è inutile, in effetti, a farla diventare l'ultima: si dice quello che si deve dire, nemmeno tutto, perché non importa più, diciamo una buona parte, si rifiuta il confronto, si va via.
ci si taglia i capelli.
si riflette sul fatto che alle donne con più di 23 anni lo si dovrebbe vietare per legge, di tagliarsi i capelli per una storia finita male, perché dopo quell'età una dovrebbe avere un'idea chiara di quali siano le priorità, e i capelli dovrebbero avere la precedenza su una storia finita male.
si sopravvive.
si passa dall'estate all'autunno, dai 40 gradi di agosto al freddissimo di novembre. in tre mesi i capelli sono ricresciuti di poco più di tre centimetri, sono capelli corti estivi, non capelli lunghi invernali. ci si ripromette di non farlo più, di tagliarsi i capelli cortissimi ad agosto. al limite, la prossima volta, di lasciarsi a marzo. magari aprile, che a marzo ancora fa freddo.
non ci si pensa più. quasi più. ci si pensa poco. il minimo sindacale in tre mesi, insomma.
si intercetta una frase sbagliata di un amico comune.
in cinque minuti si rivive tutta la gamma di tutto il rivivibile.
poi si pensa che si deve passare in biblioteca a restituire un libro.
che i capelli andrebbero un po' sistemati dietro.
che sarebbe una buona idea andarsene in vacanza per qualche giorno al sud.
che, davvero era inutile. e davvero era l'ultima.
giovedì 1 novembre 2012
senza parole
non la capisco questa cosa, che le persone vengono a
raccontare tutto a me. amici ed estranei, più che altro conoscenti, ma neanche.
mi vedono una volta e decidono che devono dirmi tutto.
gli estranei. lavoravo in un posto, qualche anno fa, nel
giro di un mese ero venuta a conoscenza di più fatti privati di ogni collega,
di un mio amico che ci stava da vent’anni. i nuovi vicini, tempo di dirci
buongiorno e buonasera un paio di volte sulle scale e la volta dopo la signora
mi stava elencando ogni genere di sfiga possibile, e alla fine ha anche pianto.
dico, ci avessi l’aspetto e l’atteggiamento di una che è
interessata. di una che vuole socializzare. io sono da sempre l’antitesi
dell’affratellamento. io sono gentile ma distante. saluto tutti, sorrido a
tutti, guardo tutti con la stessa espressione: voi fatevi i cazzi vostri che io
mi faccio i miei.
i conoscenti. credo di essere l’unica persona nell’universo
che abbia visto piangere almeno tre personcine note per essere più dure del
granito.
gli amici. neanche a parlarne. c’è gente che viene a dire me
cose che poi specifica, non l’ho detto nemmeno alla mia compagna / al mio
compagno.
glielo vado a chiedere? mai. io non chiedo mai niente,
nemmeno quando sarebbe cortesia.
sono il tipo che racconta a sua volta? ma non scherziamo.
nemmeno ai migliori amici.
e allora, ma perché? voglio dire, sul serio, è una mattina
di festa, ognuno sta a casa sua a farsi gli affari suoi, a combattere coi
problemi suoi, che per inciso, non è che siccome non ve li dico non ce li ho,
ce ne ho così tanti che nemmeno immaginate, e voi dovete telefonare a me per
dirmi che state per morire, prima ancora di dirlo a vostro marito, prima ancora
di dirlo ai vostri parenti?
ma io non sono capace. di rispondere. a una persona che sta
per morire. posso solo ascoltare. ma dire, io non sono capace.
e quindi forse è questo che cercate. qualcuno che,
finalmente, stia zitto e lasci parlare voi.
non avete nemmeno tutti i torti, in effetti.
domenica 30 settembre 2012
you're standing on my neck
tralasciando il fatto che il nome di quel gruppo è splendora.
o anche, non tralasciandolo affatto.
guardare per puro caso daria 5x5 subito dopo aver premuto invio, è qualcosa che ti riappacifica con le coincidenze.
e, va bene. il nome di quel gruppo è splendora.
o anche, non tralasciandolo affatto.
guardare per puro caso daria 5x5 subito dopo aver premuto invio, è qualcosa che ti riappacifica con le coincidenze.
e, va bene. il nome di quel gruppo è splendora.
martedì 28 agosto 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 16
finire col non essere mai né abbastanza ubriachi né abbastanza sobri.
per fare cosa, poi.
per fare cosa, poi.
sabato 11 agosto 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 15
è stato detto, si è innamorati quando l'unica persona che potrebbe consolarci è quella che ci ha fatto del male.
si inizia a rivalutare questa scomodissima faccenda dell'essere innamorati, quando l'unica cosa che potrebbe consolarci è che la persona che ci ha fatto del male venga smolecolarizzata da un raggio vogon.
giovedì 26 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 14
camminare in salita lungo una strada vuota, accompagnati da un tatuaggio di cui non si ricorda il significato, il momento in cui è stato fatto, il motivo. portarsi addosso la prova che qualcosa è stato perso, e continuare a camminare in salita perché non si può fare altro.
mercoledì 25 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 13
si impara a ripetere "non importa" come si dice automaticamente grazie, prego, ciao. si sottrae progressivamente senso alle parole finché non ne resta più per nulla; e poi all'improvviso torna tutto insieme, e ci si rende conto che davvero non importa, non importa più.
e ci si sente come quando il salvaschermo passa dalle costellazioni al buio, e si è lontani, si è sdraiati sul divano, non c'è modo né voglia di intervenire, anzi si è grati del buio, della pace, del riposo.
domenica 22 luglio 2012
giovedì 19 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 11
adorare lost in translation, per quanto quella storia dei giapponesi che parlano per mezz'ora per esprimere un concetto di due parole è vera fino a un certo punto. per esempio, amore-odio loro lo dicono in due sillabe che fanno parola a sé, senza trattini né niente, perché tanto esiste, succede, è normale, e tanto vale farla facile almeno nel dirlo, visto che in tutto il resto è difficilissimo.
aizou.
愛憎.
mercoledì 18 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 10
quelle persone, che ogni volta che sembra quasi che il ghiaccio che hanno nel cuore piano piano si vada a squagliare, poi viene fuori che stavano sul titanic.
(è ora di dirlo, comunque: il mio preferito, di sorrentino, è "l'uomo in più").
(è ora di dirlo, comunque: il mio preferito, di sorrentino, è "l'uomo in più").
martedì 17 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 9
svegliarsi alle 5 di mattina. uscire in terrazzo. apprezzare il fatto che c'è ancora un momento della giornata in cui l'aria è fresca. osservare il rampicante dei vicini del piano di sotto che è salito su un albero ed è arrivato alla ringhiera, si è intrecciato in più punti, si è saldamente legato con i rami alle sbarre e ora vaga per il terrazzo. iniziare, con calma, a disintrecciarlo, ramo per ramo, nodo dopo nodo. procedere con cautela e delicatezza per non rovinare nemmeno una foglia. districare ogni singolo intreccio, per minuti, decine di minuti, mezz'ora, un'ora. riuscire a sciogliere tutto. accompagnare con dolcezza i rami verso il basso. non permettere più a niente di invadere il proprio spazio, di fare forza sul proprio tempo.
lunedì 16 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 8
per chi non è molto portato a perdonare, il perdono è più una questione quantitativa che qualitativa. non è tanto il valutare chi ha fatto cosa e perché, ma l'essere consapevoli che periodicamente si ha a disposizione una certa dose di capacità di perdono, e quella deve bastare per tutto. così, se si sta aspettando di poter perdonare qualcuno, tutto il resto viene annullato; tutti gli altri, qualsiasi cosa sia successa, grandi liti e piccole incomprensioni, reazioni sbagliate e nervosismi momentanei, vengono condannati senza processo. inezie sacrificabili. danni collaterali.
domenica 15 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 7
tra le persone non è solo questione di tempi, ma anche di modi. due imperativi avranno difficoltà ad armonizzarsi, i modi finiti non sempre si comprendono con i modi infiniti. in una coppia in cui una persona è un indicativo, e una un condizionale, si può comunque arrivare al punto in cui entrambi diventano imperativi. e l'unica è mettersi in stand-by, da una parte come infinito, dall'altra come gerundio.
sabato 14 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 6
vagare per giardinetti e parchi alla ricerca di una panchina che possa capirti.
venerdì 13 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 5
synecdoche, new york. la donna sceglie di abitare in un appartamento che sta lentamente andando a fuoco, sapendo cosa succederà; convive con l'incendio per anni, finché il fumo la uccide.
giovedì 12 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 4
quell'improvvisa e feroce necessità, immediata, di cambiare il rubinetto in cucina che goccia da mesi, di incollare le due piastrelle sollevate in terrazzo dall'ultima gelata, di sbrinare il freezer.
di lavare le finestre quando piove.
di lavare le finestre quando piove.
mercoledì 11 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 3
ascoltare cover dei rolling stones con la batteria troppo alta che sovrasta tutto il resto.
tutto il resto.
tutto il resto.
martedì 10 luglio 2012
non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 2
metto il salvaschermo con le costellazioni e i pianeti e le nebulose e i satelliti e.
vado a sdraiarmi sul divano, e lo guardo da lì. da lontano. ogni stella.
dura quindici minuti. poi passa allo schermo nero. e io mi addormento.
pace. riposo. è guardare le stelle e poi il buio.
vado a sdraiarmi sul divano, e lo guardo da lì. da lontano. ogni stella.
dura quindici minuti. poi passa allo schermo nero. e io mi addormento.
pace. riposo. è guardare le stelle e poi il buio.
lunedì 9 luglio 2012
sabato 30 giugno 2012
cucchiaino
(5 6 2 13)
mezzo minuto di raccoglimento.
(la soluzione dell'esposto, cosa sono io per te, è, un gioco con cui vuoi giocare finché non esiste.
io per te vado bene per gioco, per finta, per licenza poetica.
ma nella realtà non posso esistere.
e questo è il motivo per cui ora non sei qui.
è così semplice).
mezzo minuto di raccoglimento.
(la soluzione dell'esposto, cosa sono io per te, è, un gioco con cui vuoi giocare finché non esiste.
io per te vado bene per gioco, per finta, per licenza poetica.
ma nella realtà non posso esistere.
e questo è il motivo per cui ora non sei qui.
è così semplice).
giovedì 31 maggio 2012
giochi
gli enigmisti non vincono. in
quasi tutti i giochi si vince o si perde. l’enigmistica non prevede vittoria o
sconfitta, l’enigmista non vince e non perde, l’enigmista o risolve, o non
risolve. e anche quando non risolve, semplicemente non ha risolto per il
momento, ma può risolvere più tardi.
la differenza fra noi è questa. che siccome tu giocavi al tuo gioco, io ho perso. mentre se io gioco al mio, non perde nessuno.
lunedì 30 aprile 2012
il coraggio non mi manca. è la paura che mi frega (jolly jumper)
ieri mattina ho provato un metodo alternativo per
scendere le scale: consiste nel riempirsi di graffi e lividi, spezzarsi
un’unghia e rischiare di lasciare vari pezzi di se stessi lungo i gradini. una
evidente mancanza di rispetto nei confronti di chi si occupa delle pulizie
condominiali, me ne rendo conto.
ieri sera mi sono chinata per prendere una cosa e
quando mi sono rialzata ho dato una testata spettacolare contro il muro, tipo
che il tonfo deve essere rimbalzato tra le pareti per un bel po’, non lo so
perché sono stata rintronata per mezz’ora. poi mi è venuto un dubbio e ho
controllato l’oroscopo del mentore del signore degli oroscopi. diceva che devo
stare attenta, che venere è entrata in leone, il che mi rende distratta e a
rischio incidenti. mi sono ricordata che io venere in leone ce l’ho proprio nel
quadro astrale, io è da quando sono nata che ho venere in leone. il che spiega
molte cose.
per il resto, fragolina rulez: l’avevo data per
spacciata dopo che era rimasta seppellita sotto trenta centimetri di neve,
invece è rinata da non si sa dove, è più in forma e arzilla che mai ed è pronta
a riprendere i suoi piani per la conquista del pianeta. il geranio, gerundio presente,
dopo aver passato le due settimane di neve nella doccia (beh, non sapevo dove
altro metterlo) è quadruplicato di volume e ha deciso che lui da grande vuole
fare il baobab. gli altri stanno tutti bene. io ho un bozzo in testa, tra le
altre cose.
sto elaborando la teoria che gli universi implodano a
marzo ed esplodano ad aprile. a maggio, se sopravvivo a venere in leone,
vediamo quanto venere riesca ad essere in leone davvero.
giovedì 8 marzo 2012
eclissi
ieri
mattina hanno suonato al citofono. ho risposto. una donna mi ha chiesto se
secondo me il mondo poteva essere migliore. le ho detto, sì, il mondo sarebbe
sicuramente migliore se voi borg la piantaste di citofonare alla gente di prima
mattina. o anche in qualsiasi altro orario. lei ha risposto, resistance is
futile, you will be assimilated. le ho detto, certo, certo, intanto iniziate a
pagare l’ici sui cubi, e ho riattaccato. poi, a dirla tutta, che la resistenza
è inutile l’hanno detto prima i dalek, come sa ogni fan del doctor who. tipo
l’albero di natale nano. da quando ha visto lo speciale the runaway bride, dove
un albero di natale (non nano) spara pallocche rosse natalizie esplosive, ha un
nuovo mito e una nuova missione. il che è lievemente preoccupante, visto che
vive nel mio soggiorno.
poi
sono uscita e ho attraversato il parchetto dei tossici, per incontrare il mio
pusher di yogurt al limone. il parchetto dei tossici è pieno di alberi di
mimosa, che ieri avevano un’aria alquanto preoccupata. sarei preoccupata
anch’io, se fossi un albero di mimosa il 7 marzo, presumo.
stamattina
ho finito l’editing dei capitoli fino all’11, e ho osservato preoccupata il 12.
è l’ultimo, e mi ha sempre terrorizzata, perché io in effetti le idee chiare
sulle ombre mica ce le avevo. fino a mezz’ora fa, quando, non so bene come,
credo per gentile intercessione della mia ombra, ho capito. ho capito cosa
succede a dicembre, cosa combina l’eclissi, e anche tutto quello che succede
dopo. dopo il capitolo 12. direttamente in un altro romanzo. ho anche capito
che pretendere di pubblicare un fantasy in italia (pretendere di fare qualsiasi
cosa, ormai, in italia, salvo morire di fame) è lievemente demenziale, e che
quello che davvero devo fare è farlo tradurre in inglese e spedirlo lì. e poi
iniziare a lavorare al seguito, visto che ora è tutto chiaro.
adesso
esco e vado a consolare gli alberi di mimosa del parchetto, e mi piazzo lì
sotto con un cartello con su scritto, not in my name.
lunedì 13 febbraio 2012
schroeder
schroeder era l’amore non corrisposto di lucy van
pelt, e già questo ne fa un eroe. era il piccolo genio del piano, uno della
vecchia guardia, fra i primi creati da schulz; che il giorno del compleanno di
beethoven (e anche svariate settimane prima) circolava con un cartello in mano
per ricordare al mondo, il suo mondo, che quel giorno lì era speciale, perché
aveva regalato all’universo musica bellissima.
Ancora oggi non provo dolore per Feiez. Solo gioia, e
gratitudine. Per tutto quello che ho imparato da lui e con lui. Non c’era
niente di irrisolto, niente di non detto. Sarei potuto morire io un anno prima
e non sarebbe cambiato niente. Tutto era al suo posto ed è al suo posto ancora
oggi che è cambiato tutto. Con Paolo c’è sempre stata solo pace, e una musica
bellissima che fa più o meno così:
(rocco tanica, da “vite bruciacchiate - ricordi
confusi di una carriera discutibile”, di elio e le storie tese, bompiani,
2006).
mercoledì 25 gennaio 2012
incipit 4 - tre mesi prima
come lo quantificano, un
buongiorno. come danno valore a una voce. come lo calcolano, l’inizio di ogni
giornata. quanto vale la mattina.
aveva pianto. per due settimane.
aveva anche vissuto, in qualche modo. aveva parlato, fatto la spesa, pranzato
con i suoi amici, piangendo. lacrimando, più che altro. si chiedeva se quel
modo di dire, piangere tutte le proprie lacrime, avesse un senso, perché le sue
non finivano.
la crepa l’aveva vista. la voce
che cambiava, lo sguardo che sfuggiva. si era detta, una fase, poi passa. e
invece la crepa si era allargata, e alla fine tutto si era rotto. si erano
rotti due anni, senza lasciare cocci da raccogliere. nessun pezzo abbastanza
grande da cercare di riattaccarlo. l’ultima immagine che aveva di lui, di
spalle, mentre usciva dal cancello del parco. si erano visti per l’ultima
volta, per stabilire, dividere, finire. poi lei era rimasta tra gli alberi, e
lui era andato via, con quel suo cappotto strano, leggermente incurvato sotto
il peso di due anni cancellati e degli ultimi minuti di recriminazioni, accuse,
rimpianti.
era la prima voce che sentiva la
mattina. avesse dovuto dare un senso a tutto, descrivere il loro rapporto in
qualche modo, avrebbe detto, il buongiorno. che si dicevano proprio buongiorno,
non ciao, o altro, no, avevano il loro buongiorno, in un tono particolare,
codificato.
aveva appena lasciato il suo
lavoro. avevano un progetto insieme, loro due. e invece niente. niente vecchio
lavoro, niente nuovo progetto. aveva pianto, finché si era fermata e si era
guardata attorno. e si era resa conto che non aveva un lavoro, non aveva un
soldo, non un passato, non un presente, non un futuro. assolutamente nulla. il
nulla è così strano da guardare che a suo modo è affascinante. si era persa a
contemplare le macerie già ridotte a sabbia della sua vita. incantata
dall’assoluto niente che la circondava. e si era resa conto che non era
spaventata. era un vuoto che le toglieva anche le lacrime. le toglieva la
paura. le toglieva tutto. la liberava.
non aveva nessun legame. poteva
fare quello che voleva, perché non c’era niente da riprendere, niente da
continuare, niente da perdere. poteva andare a vivere in giappone, poteva fare
l’astronauta. non aveva niente, poteva tutto. libera. si era seduta in mezzo al
nulla e si era detta, scegli, decidi, ma senza logica, a istinto. chiudi gli
occhi e quello che vedi, quello sarà. aveva chiuso gli occhi, e quello che
aveva visto, la prima immagine che le era venuta addosso, era uno sguardo di
nove anni prima.
e aveva sorriso, pensando, follia
pura. aveva passato la notte a scrivere. aveva telefonato, di prima mattina,
alla grande azienda dinosauro. aveva detto buongiorno, a loro. aveva spiegato
che doveva contattare il genio, si era qualificata, le avevano dato il numero
della segreteria del suo ufficio. aveva chiamato, le aveva risposto la
segretaria. aveva detto buongiorno di nuovo, aveva spiegato, ho un progetto da
proporre. poi aveva richiamato, qualche giorno dopo, e la segretaria le aveva
detto, il genio ha visto il progetto, è entusiasta, ma questo è un periodo così
pieno, ora proprio non può vederti, richiama la settimana prossima. e lei aveva
richiamato. e la segretaria le aveva di nuovo detto, vuole vederti, ma è un
periodaccio, richiama. e lei aveva richiamato. ogni settimana. per due mesi e
tre settimane.
finché una mattina, passeggiava
in camera da letto con le cuffie dell’ipod nelle orecchie, ascoltava una
canzone che diceva non ha più senso pensarti capire provare o sparire, e
all’improvviso aveva sentito qualcosa cambiare. si era voltata, aveva visto il
cellulare illuminarsi. aveva spento l’ipod, si era tolta le cuffie, aveva
ascoltato gli squilli, aveva guardato il numero sul display, un numero di
cellulare che non conosceva. aveva seguito il suo cuore rallentare, fermarsi e
poi correre. lo sapeva, chi era. prima ancora di rispondere, prima ancora di
sentire la sua voce che per la prima volta parlava a lei, che diceva
semplicemente il suo nome e cognome, presentandosi come uno qualsiasi, dandole
del lei, fissandole un appuntamento per un colloquio di lì a due giorni. lo
sapeva. perché, genio, non sei l’unico, qui, che ha una certa come dire
telepatia.
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