sabato 17 novembre 2012

non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 18

un avvincente sabato pomeriggio passato a precondizionare padelle saltapasta.

sabato 10 novembre 2012

non sottovalutare le conseguenze dell'amore / 17

si affronta l'ultima inutile lite. 
nel corso dell'ultima inutile lite, non ci si rende conto che è l'ultima, ma ci si rende conto che è inutile. è il rendersi conto che è inutile, in effetti, a farla diventare l'ultima: si dice quello che si deve dire, nemmeno tutto, perché non importa più, diciamo una buona parte, si rifiuta il confronto, si va via.
ci si taglia i capelli.
si riflette sul fatto che alle donne con più di 23 anni lo si dovrebbe vietare per legge, di tagliarsi i capelli per una storia finita male, perché dopo quell'età una dovrebbe avere un'idea chiara di quali siano le priorità, e i capelli dovrebbero avere la precedenza su una storia finita male.
si sopravvive.
si passa dall'estate all'autunno, dai 40 gradi di agosto al freddissimo di novembre. in tre mesi i capelli sono ricresciuti di poco più di tre centimetri, sono capelli corti estivi, non capelli lunghi invernali. ci si ripromette di non farlo più, di tagliarsi i capelli cortissimi ad agosto. al limite, la prossima volta, di lasciarsi a marzo. magari aprile, che a marzo ancora fa freddo.
non ci si pensa più. quasi più. ci si pensa poco. il minimo sindacale in tre mesi, insomma.
si intercetta una frase sbagliata di un amico comune.
in cinque minuti si rivive tutta la gamma di tutto il rivivibile.
poi si pensa che si deve passare in biblioteca a restituire un libro.
che i capelli andrebbero un po' sistemati dietro.
che sarebbe una buona idea andarsene in vacanza per qualche giorno al sud.
che, davvero era inutile. e davvero era l'ultima.

giovedì 1 novembre 2012

senza parole

non la capisco questa cosa, che le persone vengono a raccontare tutto a me. amici ed estranei, più che altro conoscenti, ma neanche. mi vedono una volta e decidono che devono dirmi tutto.
gli estranei. lavoravo in un posto, qualche anno fa, nel giro di un mese ero venuta a conoscenza di più fatti privati di ogni collega, di un mio amico che ci stava da vent’anni. i nuovi vicini, tempo di dirci buongiorno e buonasera un paio di volte sulle scale e la volta dopo la signora mi stava elencando ogni genere di sfiga possibile, e alla fine ha anche pianto.
dico, ci avessi l’aspetto e l’atteggiamento di una che è interessata. di una che vuole socializzare. io sono da sempre l’antitesi dell’affratellamento. io sono gentile ma distante. saluto tutti, sorrido a tutti, guardo tutti con la stessa espressione: voi fatevi i cazzi vostri che io mi faccio i miei.
i conoscenti. credo di essere l’unica persona nell’universo che abbia visto piangere almeno tre personcine note per essere più dure del granito.
gli amici. neanche a parlarne. c’è gente che viene a dire me cose che poi specifica, non l’ho detto nemmeno alla mia compagna / al mio compagno.
glielo vado a chiedere? mai. io non chiedo mai niente, nemmeno quando sarebbe cortesia.
sono il tipo che racconta a sua volta? ma non scherziamo. nemmeno ai migliori amici.
e allora, ma perché? voglio dire, sul serio, è una mattina di festa, ognuno sta a casa sua a farsi gli affari suoi, a combattere coi problemi suoi, che per inciso, non è che siccome non ve li dico non ce li ho, ce ne ho così tanti che nemmeno immaginate, e voi dovete telefonare a me per dirmi che state per morire, prima ancora di dirlo a vostro marito, prima ancora di dirlo ai vostri parenti?
ma io non sono capace. di rispondere. a una persona che sta per morire. posso solo ascoltare. ma dire, io non sono capace.
e quindi forse è questo che cercate. qualcuno che, finalmente, stia zitto e lasci parlare voi.
non avete nemmeno tutti i torti, in effetti.