lunedì 26 aprile 2010

anarco-realista

sabato sera ho partecipato a una festa per donne allergiche alle vespe, vespe, squadre di disinfestazione dei vigili del fuoco e gatti. domenica mattina ho partecipato a una festa per donne allergiche alle vespe, vespe, manovratori e gatti. domenica pomeriggio le vespe ed io ci siamo riunite e ci siamo confrontate sugli articoli 52 e 575 del codice penale, sulla risoluzione L29 dell’onu e sulla terza legge di newton. stamattina all’alba quelli del piano di sotto hanno dato una festa per disinfestatori di vespe, vespe, quelli del piano di sotto e gatti. apparentemente, in questo periodo al quartiere-paese abbiamo qualche problema con le vespe.
poi sono uscita e ho partecipato a una riunione che teorizzava il campare d’aria come migliore rimedio per la crisi; per quanto in italia non ci sia la crisi, come è stato detto da gente che ne sa (sono solo milioni di casi isolati, come la non epidemia di sturmtruppen).
poi sono tornata a casa e ho sentito ronzare. ho capito che non ce la potevo fare; sono due giorni che non dormo e comunque vorrei appartenere a una categoria svantaggiata per volta: o donna allergica alle vespe in periodo di vespe, o donna senza un soldo in periodo di crisi. entrambe le cose, non so, mi sembra di esagerare. allora ho controllato le scorte di cortisone, ho stappato una birra, poi ne ho stappata un’altra, e ho intavolato una discussione politica con le vespe. sto cercando di capire se, in quanto operaie, votino lega, ma pare che siano anarco-monarchiche. devono essere proprio vespe italiane, sì.

martedì 20 aprile 2010

nubi di ieri sul nostro domani odierno

stamattina verso le sette, due trenini del far-west che non si incontravano da un po’ di tempo si sono visti da lontano e sono corsi ad abbracciarsi. stamattina verso le nove, una donna che già di suo non è che sia proprio entusiasta all’idea di andare a lavoro (non è proprio entusiasta in generale della parola “lavoro”) ha scoperto che questa faccenda che non hanno ancora inventato il teletrasporto è davvero parecchio scomoda, e sarebbe ora che qualcuno (che so, un qualche vulcaniano) intervenisse.
mentre meditava su frasi minacciose come blocco della circolazione su tutta la linea, carrozze deragliate, servizio bus sostitutivo, mbe’ signori’ da qualche parte ‘sta navetta avrà da passa’, la donna non proprio entusiasta osservava il cielo sopra il quartiere-paese. la donna non proprio entusiasta è da ieri che scruta il cielo, per avvistare la minacciosa nube che ha bloccato turisti, politici, piloti di formula uno, mozzarelle da esportazione. la donna non proprio entusiasta, ieri pomeriggio, mentre circolava in centro col naso all’insù valutando certe nuvole dal colore stranissimo, blu-grigio su sfondo di nuvole bianche su sfondo di cielo azzurro, ha anche preso in pieno un camion; che per fortuna era fermo e parcheggiato, ma si è fatta maluccio lo stesso. anche perché era reduce dall’aver centrato già un paio di pali. la donna non proprio entusiasta non lo dice espressamente, ma sente, dentro di sé, una certa qual inspiegabile simpatia nei confronti della minacciosa nube no-global.
la donna non proprio entusiasta, bloccata a terra con qualche centinaio di pendolari dall’abbraccio di due trenini del far-west che coprono un tragitto di una manciata di chilometri, esattamente come sono bloccati a terra migliaia di esseri umani che dovrebbero spostarsi su mezzi ipertecnologici e attraversare interi continenti, si è sentita improvvisamente e illogicamente entusiasta, e se ne è andata a lavoro sorridendo. ci ha messo due ore.

martedì 6 aprile 2010

geraniare

l’altro giorno stavo togliendo i rami secchi a futuro, quando si è spezzato un rametto sano. a volte ho l’impressione che i miei gerani confondano il metaforico col didascalico; soprattutto da quando presente si è suicidato. mi sono seduta davanti al vaso di passato e futuro, e ho detto (al quartiere-paese non ci fanno più caso, se parlo ad alta voce con le piante. purché siano le mie piante. se parlo con le piante di qualcun altro invece mi guardano ancora un po’ male) che lo so, che sono perplessi su quello che sto, o non sto, combinando. ma che non sto tagliando rami secchi, né tantomeno sto scambiando rami sani per rami secchi.
insomma, ho spiegato, io sono quasi tre mesi che non comunico più con una persona, e voi non capite perché; quello che non state seguendo, che altrimenti capireste, è che sono quasi tre mesi che invece cerco di comunicare con un’altra persona. che magari secondo voi va bene. e invece no, o meglio, sì, era necessario, ma non avete visto l’opacità: io e quest’altra persona qui avevamo tanta lucentezza, una volta, e poi l’abbiamo rotta, e ci siamo trovati pieni di frammenti ovunque; e allora io ho preso un po’ di frammenti, e lui ha preso un altro po’ di frammenti, e abbiamo cercato di incollare di nuovo tutto insieme. e qualcosa abbiamo rimesso su, ma non è più com’era prima. a parte le crepe, che si sentono al tatto e un po’ graffiano; a parte i pezzi che mancano, e che non siamo riusciti a ritrovare; c’è che prima era tutto lucente, e ora è opaco. esiste di nuovo, si tiene su in qualche modo, sembra solido, ma è opaco. ora io sono piena di opacità dove una volta c’era lucentezza, e la vedo tutti i giorni, ed è doloroso; e quando ho iniziato a sospettare opacità da un’altra parte, me ne sono andata, prima che si rompesse anche quello splendore, prima di dover cominciare anche lì a cercare i frammenti, rimetterli insieme, e guardare di nuovo qualcosa che era lucente ed invece ora è opaco.
che raccontato così sembra che sono matta io, e magari è vero. ma ci sono rapporti che uno può venire a patti con l’opacità, e altri che no. che si aspetta, ci si allontana, si sta zitti, ci si pensa, ma opachi, no.
poi ho preso il rametto sano che si era spezzato, e l’ho piantato in un altro vaso. e mi sono chiesta se, venendo da futuro semplice, si chiamasse presente o futuro anteriore. e ho deciso che ora inizio a raccogliere i rametti di geranio che trovo in giro, e metto sul terrazzo tutto il verbo geraniare. che è da un po’ che ho finito le elementari e parecchie cose me le sono scordate, ma dovrebbero essere ventidue in tutto, otto per l’indicativo, quattro per il congiuntivo, due per il condizionale, due per l’imperativo, e sei per infinito gerundio e participio.
comunque il rametto nuovo ho deciso che ci riprovo, e lo chiamo presente. anche perché senza un presente non ha molto senso, stare a pensare a un futuro anteriore.