martedì 6 aprile 2010

geraniare

l’altro giorno stavo togliendo i rami secchi a futuro, quando si è spezzato un rametto sano. a volte ho l’impressione che i miei gerani confondano il metaforico col didascalico; soprattutto da quando presente si è suicidato. mi sono seduta davanti al vaso di passato e futuro, e ho detto (al quartiere-paese non ci fanno più caso, se parlo ad alta voce con le piante. purché siano le mie piante. se parlo con le piante di qualcun altro invece mi guardano ancora un po’ male) che lo so, che sono perplessi su quello che sto, o non sto, combinando. ma che non sto tagliando rami secchi, né tantomeno sto scambiando rami sani per rami secchi.
insomma, ho spiegato, io sono quasi tre mesi che non comunico più con una persona, e voi non capite perché; quello che non state seguendo, che altrimenti capireste, è che sono quasi tre mesi che invece cerco di comunicare con un’altra persona. che magari secondo voi va bene. e invece no, o meglio, sì, era necessario, ma non avete visto l’opacità: io e quest’altra persona qui avevamo tanta lucentezza, una volta, e poi l’abbiamo rotta, e ci siamo trovati pieni di frammenti ovunque; e allora io ho preso un po’ di frammenti, e lui ha preso un altro po’ di frammenti, e abbiamo cercato di incollare di nuovo tutto insieme. e qualcosa abbiamo rimesso su, ma non è più com’era prima. a parte le crepe, che si sentono al tatto e un po’ graffiano; a parte i pezzi che mancano, e che non siamo riusciti a ritrovare; c’è che prima era tutto lucente, e ora è opaco. esiste di nuovo, si tiene su in qualche modo, sembra solido, ma è opaco. ora io sono piena di opacità dove una volta c’era lucentezza, e la vedo tutti i giorni, ed è doloroso; e quando ho iniziato a sospettare opacità da un’altra parte, me ne sono andata, prima che si rompesse anche quello splendore, prima di dover cominciare anche lì a cercare i frammenti, rimetterli insieme, e guardare di nuovo qualcosa che era lucente ed invece ora è opaco.
che raccontato così sembra che sono matta io, e magari è vero. ma ci sono rapporti che uno può venire a patti con l’opacità, e altri che no. che si aspetta, ci si allontana, si sta zitti, ci si pensa, ma opachi, no.
poi ho preso il rametto sano che si era spezzato, e l’ho piantato in un altro vaso. e mi sono chiesta se, venendo da futuro semplice, si chiamasse presente o futuro anteriore. e ho deciso che ora inizio a raccogliere i rametti di geranio che trovo in giro, e metto sul terrazzo tutto il verbo geraniare. che è da un po’ che ho finito le elementari e parecchie cose me le sono scordate, ma dovrebbero essere ventidue in tutto, otto per l’indicativo, quattro per il congiuntivo, due per il condizionale, due per l’imperativo, e sei per infinito gerundio e participio.
comunque il rametto nuovo ho deciso che ci riprovo, e lo chiamo presente. anche perché senza un presente non ha molto senso, stare a pensare a un futuro anteriore.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

ma miiiiici mai, per chi si cerca come nooooi, chi compra laaaa lettieraaaa?
(non so perchè mi è venuta in mente 'sta roba. però sì, sei matta tu. ma mica è grave)

(s.) ha detto...

sì, è venuta in mente anche a me quella canzone (dico quella originale, senza lettiera) mentre rileggevo il post, lì quando dice opachi no.
comunque io a gatto non canto quasi mai niente perché quando canto lui mi guarda molto allarmato. invece al gatto di mia madre, quando lo vedo, gli canto er piotta: supergattone eccolo qua, birillo è il suo nome nun lo scorda', muovi la coda de qua e de là, facce le fusa, nun te ferma'!
(sì, sono matta io. ma mica è grave).

Bandini ha detto...

Anche io a opachi no ho pensato a quella canzone demmerda. Il post invece è bello. Mi ha fatto pensare che mio nonno si chiamava Girino, che io avevo sempre associato al piccolo della rana, e invece assomiglia pure a Geranio, e non so, questa cosa mi piace, perché mi fa pensare che anche noi come le piante rinasciamo da un pezzetto di noi verde ripiantato, volendo.

(s.) ha detto...

e il fatto che abbiamo pezzetti verdi conferma che ce la possiamo fare a diventare vulcaniani, volendo. che poi ho scoperto che meno ci penso, più mi viene facile comportarmi quasi vulcanianamente. quasi.

"ma opachi mai" sarebbe stata una canzone molto più interessante e originale.

Claudio dei Norma ha detto...

Non posso non pensare alla rottura dei vasi della religione ebraica e alla conseguente condizione della Shekinah.
Così come al testo di For Want Of You dei Rites Of Spring, ma quest'ultima potrebbe essere una mia proiezione.

(s.) ha detto...

ok, il testo della canzone l'ho trovato.
invece quella roba dei vasi e della shekinah devi spiegarmela tutta tu, che ho cercato in rete ma non ci ho capito un coccio di vaso.