gliel'avessero detto all'epoca, che ventitré anni dopo, a
guardare il video di amore amorissimo, avrebbe reagito in quel modo, avrebbe
iniziato già da allora a mettere da parte i soldi per lo psichiatra.
quella mattina avevano fatto sega
a scuola, lei e pseudojane. avevano gironzolato per un po’ in centro
sotto gli sguardi di disapprovazione degli adulti, perché se è mattina, se
dimostri intorno ai dodici-tredici-quattordici anni, se vaghi in centro senza
scopo, hai chiaramente fatto sega a scuola, e ciò non sta bene. se in più la
tua migliore amica è vestita come robert smith in un giorno in cui gli gira
particolarmente male, e tu sembri prelevata dalle comparse di hair,
difficilmente gli sguardi saranno più benevoli. era il 1989. sembra niente a
dirlo adesso, ma il mondo era diverso, e gli sguardi pure.
alla fine erano andate a casa di pseudojane. erano le case popolari del tufello parte di sotto. le aveva
sempre trovate molto più eleganti delle case popolari di tufello parte di
sopra. appena entrate si erano imbattute nel fratello di pseudojane, in pigiama. sega
pure lui. una giornatona, per l’educazione scolastica. in camera, pseudojane aveva
estratto da fuori campo (presumibilmente da sotto il tavolo, ma nei suoi
ricordi si materializzava da fuori campo) l’accrocco registratore. e aveva
detto, devi assolutamente ascoltare questa, è appena uscita. e loro sono
bravissimi, genio puro. ventitré anni dopo avrebbe pensato che quella era stata
la prima volta, di successivi futuri milioni, in cui li aveva sentiti associati
alla parola genio. e dei successivi milioni, quel genio lì, detto da una
ragazzina, è stato di gran lunga il più sincero.
era pseudojane che si occupava della
sua educazione musicale. e di un bel po’ di altre cose. era la sua unica amica;
lei all’epoca era piccola, non solo in senso anagrafico, ma anche rispetto alla
sua età. era timidissima. totalmente asociale. ed era anche bruttina. era un
tipico caso di tapparella inside, non fosse che per ascoltare tapparella
mancavano ancora sei anni e mezzo.
questa è l’unica canzone di cui
tuttora si ricordi in modo così nitido la prima volta in cui l’ha sentita. la
parete della stanza col poster dei boschi, chiara premonizione di parco
sempione, avrebbe pensato poi. l’accrocco registratore posato con cura sul
tavolo. l’orgoglio sul viso di pseudojane, che dopo averle trasmesso tutta una cultura a base
di cure, cult, bauhaus, david bowie, diciassette re, ricevendo in cambio il suo
entusiasmo assoluto e sincero per bowie, cure e cult, e una certa perplessità
per litfiba e bauhaus, si stava giocando l’asso. i genii.
ci fu un piccolo intoppo nella comprensione del
titolo. le servì qualche secondo per capirlo in italiano. anni dopo, avrebbe
provato a tradurlo in giapponese, senza riuscire a ottenere da nessun
giapponese la conferma se la traduzione fosse esatta o no. provateci voi, a
spiegare a un giapponese, in uno pseudoesperanto a base di italiano inglese
giapponese, nubi di ieri sul nostro domani odierno. anni dopo, avrebbe anche
deciso che, per quanto filologicamente del tutto scorretta, per lei la
traduzione del loro nome in giap era elio to muzukashii monogatari. anni dopo,
assolutamente senza capire perché, a guardare il video di amore amorissimo,
avrebbe pianto.
Nessun commento:
Posta un commento