venerdì 5 luglio 2013

we will we will rock you - 1

gliel'avessero detto all'epoca, che ventitré anni dopo, a guardare il video di amore amorissimo, avrebbe reagito in quel modo, avrebbe iniziato già da allora a mettere da parte i soldi per lo psichiatra.
quella mattina avevano fatto sega a scuola, lei e pseudojane. avevano gironzolato per un po’ in centro sotto gli sguardi di disapprovazione degli adulti, perché se è mattina, se dimostri intorno ai dodici-tredici-quattordici anni, se vaghi in centro senza scopo, hai chiaramente fatto sega a scuola, e ciò non sta bene. se in più la tua migliore amica è vestita come robert smith in un giorno in cui gli gira particolarmente male, e tu sembri prelevata dalle comparse di hair, difficilmente gli sguardi saranno più benevoli. era il 1989. sembra niente a dirlo adesso, ma il mondo era diverso, e gli sguardi pure.
alla fine erano andate a casa di pseudojane. erano le case popolari del tufello parte di sotto. le aveva sempre trovate molto più eleganti delle case popolari di tufello parte di sopra. appena entrate si erano imbattute nel fratello di pseudojane, in pigiama. sega pure lui. una giornatona, per l’educazione scolastica. in camera, pseudojane aveva estratto da fuori campo (presumibilmente da sotto il tavolo, ma nei suoi ricordi si materializzava da fuori campo) l’accrocco registratore. e aveva detto, devi assolutamente ascoltare questa, è appena uscita. e loro sono bravissimi, genio puro. ventitré anni dopo avrebbe pensato che quella era stata la prima volta, di successivi futuri milioni, in cui li aveva sentiti associati alla parola genio. e dei successivi milioni, quel genio lì, detto da una ragazzina, è stato di gran lunga il più sincero.
era pseudojane che si occupava della sua educazione musicale. e di un bel po’ di altre cose. era la sua unica amica; lei all’epoca era piccola, non solo in senso anagrafico, ma anche rispetto alla sua età. era timidissima. totalmente asociale. ed era anche bruttina. era un tipico caso di tapparella inside, non fosse che per ascoltare tapparella mancavano ancora sei anni e mezzo.
questa è l’unica canzone di cui tuttora si ricordi in modo così nitido la prima volta in cui l’ha sentita. la parete della stanza col poster dei boschi, chiara premonizione di parco sempione, avrebbe pensato poi. l’accrocco registratore posato con cura sul tavolo. l’orgoglio sul viso di pseudojane, che dopo averle trasmesso tutta una cultura a base di cure, cult, bauhaus, david bowie, diciassette re, ricevendo in cambio il suo entusiasmo assoluto e sincero per bowie, cure e cult, e una certa perplessità per litfiba e bauhaus, si stava giocando l’asso. i genii.
ci fu un piccolo intoppo nella comprensione del titolo. le servì qualche secondo per capirlo in italiano. anni dopo, avrebbe provato a tradurlo in giapponese, senza riuscire a ottenere da nessun giapponese la conferma se la traduzione fosse esatta o no. provateci voi, a spiegare a un giapponese, in uno pseudoesperanto a base di italiano inglese giapponese, nubi di ieri sul nostro domani odierno. anni dopo, avrebbe anche deciso che, per quanto filologicamente del tutto scorretta, per lei la traduzione del loro nome in giap era elio to muzukashii monogatari. anni dopo, assolutamente senza capire perché, a guardare il video di amore amorissimo, avrebbe pianto.

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